Erano le 10:30 del 27 settembre 2019, quando Cesare Cesa Bianchi e Guido Spinelli con gli sherpa Chebi, Sangbu e Nigma, superata la cresta hanno visto lo spuntone verticale della vetta del Manaslu a 8163m. Quel momento è stato la consacrazione di giorni di fatica e di un progetto che dura da anni. Salire il Manaslu con una piccola spedizione e senza l’uso di ossigeno supplementare. Arrivare in cima ad un 8000 per Cesare all’età di 69 anni e Guido, 60 anni, non era così scontato, farlo con le proprie gambe senza l’aiuto dell’ossigeno ancora meno.
Dietro a questa salita, quella più ambita e difficile del programma di Mountain Kingdom, c’è una lunga preparazione sia delle guide che dei clienti. Insieme a Cesare e Guido anche Silvano Spinelli che non ha raggiunto la vetta ma è arrivato insieme a loro al campo base e al campo 1.
Tutto inizia all’inizio di settembre con la partenza per il Nepal. L’avvicinamento ad un 8000 è da considerarsi di per se già una spedizione. Arrivati a Kathmandu, dopo 1 giorno tra jeep e bus si arriva ad Arughat Bazar e a Soti Khola. Da qui Guido a piedi ha salito un’intera valle, quella della Budhi Gandaki, fino a Samagaon a 3520m porta del Manaslu, un ottimo trekking di allenamento e acclimatamento. Cesare e Silvano hanno scelto una via più breve in elicottero fino a Sama per poi dedicarsi subito all’acclimatamento con brevi escursioni e una visita al piccolo Pung Yeng Gompa e al più famoso e bellissimo Gompa di Sama, un monastero fuori dal paese dove sono stati accolti dai Lama e hanno bevuto il tipico tè tibetano, fatto con il burro rancido.
L’8 settembre è il giorno di inizio della vera e propria avventura. Da Sama in un giorno Cesare, Guido e Silvano hanno raggiunto il campo base a 4800m che diventerà per 3 settimane la loro casa. L’organizzazione di Mountain Kingdom e Kel12 ha permesso di preparare un ottimo campo tendato con tende Ferrino, super attrezzate e riscaldate. Sicuramente la cucina di Gophal, il cuoco, ha aiutato il gruppo a rimanere di buon umore e in forma per i giorni successivi.
Un 8000 non si sale come una vetta delle nostre Alpi. Prima di arrivare in vetta bisogna preparare il proprio fisico alle diverse altitudini che bisognerà superare. Occorre un acclimatamento studiato e ben distribuito nei giorni precedenti la salita della vetta. Prima di tutto non si sale in un giorno solo, ma si predispongono diversi campi tendati in quota, di un numero dipendente dal dislivello e le difficoltà che si dovranno affrontare nelle diverse tappe.
Nel caso del Manaslu su pianificano generalmente 4 campi in quota oltre quello base.
Le prime giornate di acclimatamento iniziano a due giorni dall’arrivo al campo base. L’11 e 12 settembre il gruppo è salito al campo 1 a 5650m di quota per poi scendere nuovamente al campo base. Successivamente dopo il riposo sono risaliti ai campi superiori il 2 e il 3 rispettivamente a 6350m e 6800m.
Tra il campo 1 e il 2 si deve attraversare un’impegnativa seraccata, con passaggi che vanno superati velocemente per evitare i crolli. Dal campo 2 al 3 invece il percorso era più tranquillo su di una sella nevosa a 6800m. Scesi nuovamente al campo base il 17 settembre, il team si è riposato diversi giorni sono stati seguiti da condizioni meteo non ottimali per tentare la vetta, con pioggia e nevicate abbondanti. Il clima della regione del Manaslu e parecchio variabile, durante tutta la permanenza non si è mai verificato un giorno intero di cielo sereno.
La fortuna però ha assistito la spedizione di MK e il giorno 23 settembre, Guido e Cesare intraprendono la salita ai campi per poi tentare la vetta. Il 26 settembre raggiungono il campo 4 situato a 7400m superando un seracco piuttosto tecnico.
Il campo 4 si trova al di sotto della “death zone”, ovvero una quota, c.a. 8000m, variabile da individuo a individuo dopo la quale il fisico non riesce anche riposandosi a recuperare le energie. Sopra questa quota è opportuno non rimanere più 2/3 giorni, anche se è sempre meglio farne ritorno in giornata. L’altitudine di 7400m del campo 4 permette di tentare la vetta in un giorno compiendo un dislivello in salita di 760m per raggiungere gli 8163m del Manaslu.
Il giorno 27 settembre, partendo di notte, quei 700m sono stati superati, nonostante la neve abbondante e fresca permettendo a Cesare e Guido di giungere in vetta alle 10:30 del 27 settembre, senza ossigeno e con l’aiuto di Chebi, Sangbu e Nigma, gli sherpa a supporto della spedizione.
La salita del Manaslu 2019 è stata una grande avventura. Cesare e Guido hanno deciso di affrontarla senza ricorrere all’ossigeno supplementare, per rispettare l’ambiente oltre scelta personale di superare le difficoltà “con le proprie gambe”. Secondo il pensiero di Cesare: “La maggioranza degli alpinisti che scalano gli Ottomila usa bombole d’ossigeno per ridurre gli effetti dell’altitudine estrema, ma non senza rischi e danni. Innanzitutto, per l’ambiente: pesanti da trasportare, i contenitori, una volta consumati, vengono spesso abbandonati. Inoltre, un 8000 con ossigeno non è un 8000 perché l’ossigeno toglie 1000-1500 metri di quota”.
Un successo per la spedizione di Mountain Kingdom che si somma alle altre 10 spedizioni organizzate sul Cho Oyu e sul Manaslu dal 2005 al 2018.